Una MINI Storia

LA GENESI

“Forza, progetta un’automobile che ci liberi da quelle orribili cose, ma deve avere quattro ruote, quattro cilindri e quattro posti”. Questo, nel ricordo di Alec Issigonis il “cahier de charge” relativo alla Mini. Le orribili cose cui si riferiva Sir Leonard Lord, allora amministratore delegato della British Motor Corporation, erano le cosiddette microvetture tedesche o “bubble cars” del tempo, spesso a tre ruote, con i posti in tandem e con accesso frontale all’abitacolo.

IL CONCEPIMENTO

Era un mattino del marzo del 1957, nel pieno della prima crisi energetica determinatasi nel dopoguerra (il blocco del canale di Suez che in Inghilterra creò un vero panico) quando Alec Issigonis si mise all’opera per dare finalmente vita a un progetto al quale stava già da tempo pensando: un’automobile a trazione anteriore, piccola fuori ma spaziosa dentro.

PARTO PREMATURO

Issigonis fu così geniale e determinato che trascorsi appena otto mesi i primi prototipi
giravano già in strada. Le caratteristiche costruttive erano davvero rivoluzionarie: motore anteriore disposto trasversalmente e in blocco con la trasmissione, radiatore laterale, sospensioni indipendenti con elementi elastici in gomma e ruote da 10 pollici.

MINI PER CASO

Dapprima si chiamò ADO15, una sigla d’officina. ll nome “Mini” nacque per caso: il merito va attribuito alla moglie di un giovane ingegnere dello staff di Issigonis che, venuta un giorno a trovare il marito al quartier generale di Longbridge, vide la macchina ed esclamò: “Ma com’è mini!”. Quell’appellativo sintetizzava splendidamente l’oggetto cui si riferiva. Mai, forse, parola ha avuto una diffusione così rapida e generalizzata di questa. Mini è divenuto sinonimo di “piccolo”, “raccolto”, “condensato”, “succinto”, suggerendo così le “minigonne”, le “ministories” e un’infinità di altri neologismi e attributi.

MINIMITO

Certamente, quando quarant’anni fa Alec Issigonis realizzò il primo prototipo con un modesto investimento e con il solo aiuto di nove collaboratori non pensava di aver creato un vero e proprio mito automobilistico, entrato nella storia del costume come solo poche altre auto hanno saputo fare. Un mito ancora inossidabile che la Bmw, titolare del marchio Mini, ha voluto rinverdire. Ecco la storia della prima Mini nelle sue tappe fondamentali.

1959
Il 26 Agosto viene presentata ufficialmente la Mini. Commercializzata sia con il marchio Morris (Mini Minor) che con quello Austin (Seven), ha un motore di 848 cc in grado di erogare 34 cv a 5.000 giri/min. La velocità massima raggiungibile sfiora i 120 km/h. L’accensione del motore avviene premendo un pulsante posto fra i sedili anteriori.

1960
Vengono presentate le versioni furgoncino Van, con passo allungato e una curiosa
porta a doppio battente posteriore, affiancate dalle meno spartane “giardinette” Austin Seven Countryman e Morris Mini Traveller, abbellite da eleganti modanature esterne in legno.

1961
Alla gamma viene aggiunta la versione camioncino denominata Pick-up. Con le versioni Super la scomoda accensione a pulsante lascia il posto alla più convenzionale accensione a chiavetta, mentre compare un nuovo cruscotto centrale di forma ovale.
Altre sorprese arrivano a fine anno: nascono le Riley Elf e le Wolseley Hornet. Hanno calandre a sviluppo verticale che ricordano quelle delle berline di lusso, cruscotti in legno come nella migliore tradizione inglese e un curioso prolungamento del baule per aumentarne le capacità di carico.
Gli accordi della BMC col costruttore di F1 John Cooper sfociano nella realizzazione di una prima serie di Mini Cooper con motore bi-carburatore a corsa lunga di 997 cc da 55cv, freni a disco anteriori e comando del cambio arretrato.

1962
L’Austin rinuncia al nome Seven (voluto per ricordare un successo dell’industria inglese, l’Austin Seven prodotta tra il 1922 e il 1939) optando per il più appropriato appellativo “Mini” adottato sin dall’inizio in casa Morris.
Arrivano i segni premonitori di una lunga serie di successi sportivi: Pat Moss (sorella del più famoso Stirling) con una Mini Cooper preparata nel Competition Department di Abingdon vince il Tulip Rally mentre Rauno Aaltonen si piazza terzo assoluto al Rallye di Monte Carlo. Viene annunciata la seconda serie (Mk2) delle Elf/Hornet con un nuovo motore di 998 cc.

1963
Il favorevole debutto in campo sportivo convince i vertici della BMC a sfoderare un’arma ancora più potente: è il nuovo modello Mini Cooper S dotato di un motore di 1071cmc e 70 cv derivato direttamente da quelli utilizzati sulle Cooper di F Junior. Freni a disco maggiorati, servofreno e nuovi cerchi ruote di tipo ventilato. E’ con questo modello che Paddy Hopkirk andrà a vincere il Tour de France.
La Mini comincia ad affermarsi anche come fenomeno di costume: Peter Sellers ne acquista una con decorazioni “paglia di Vienna” sulle fiancate e anche Ringo Starr si fa allestire dalla carrozzeria Radford una versione personalizzata con portellone posteriore.
Alla Targa Florio fa la sua comparsa la Twini-mini, bimotore a trazione integrale.

1964
Cessa la produzione delle Mini Cooper con motore di 997 cc rimpiazzato dal più brillante propulsore di 998 cc già introdotto sulle Elf/Hornet. Alle Cooper S di 1071 cc vengono affiancate due varianti con motore di 970 e 1275 cc per poter gareggiare nei tre distinti raggruppamenti di classe esistenti all’epoca.
Paddy Hopkirk coglie la vittoria assoluta al Rallye di Monte Carlo.
In estate viene presentata la Mini Moke: é un curioso modello che si ispira alla classica jeep americana. In effetti le Forze Armate americane avevano commissionato alla BMC la realizzazione di un veicolo che potesse essere paracadutato nelle zone di guerra: l’accordo non andò in porto ma le sperimentazioni fatte portarono comunque alla realizzazione in serie di questo piccolo “fuoristrada”.
A settembre fa la sua comparsa il rivoluzionario sistema di sospensioni “Hydrolastic” a fluido che equipaggerà tutte le versioni berlina della Mini.

1965
Il nuovo successo della Mini al Rallye di Monte Carlo e la lunga serie di vittorie assolute nei più importanti rallies internazionali porteranno la Mini Cooper ad aggiudicarsi il Campionato Europeo.
Molte versioni dell’ormai vasta gamma Mini sono ottenibili col nuovo cambio automatico a richiesta.
L’Innocenti comincia a produrre le Mini Minor col proprio marchio.

1966
È l’anno della “squalifica”. Le Mini Cooper si piazzano ai primi tre posti al Rallye di Monte Carlo ma vengono inaspettatamente estromesse dagli organizzatori per contestate irregolarità dei nuovi fari allo jodio. La stampa sportiva è unanime nel gridare allo scandalo.
Sulle Elf/Hornet, nella nuova serie Mk3, viene introdotta una modifica che solo molto più tardi verrà estesa a tutta la gamma Mini: le portiere hanno i cristalli discendenti (anziché scorrevoli) e le cerniere interne.
Dagli stabilimenti di Lambrate esce la prima Mini Cooper made-in-Italy con cilindrata di 998 cc.

1967
Nonostante la minaccia di boicottaggio prospettata l’anno precedente le Mini tornano a Monte Carlo per dimostrare che il successo del ‘66 non era usurpato: vince la Cooper S di Aaltonen-Liddon.
A ottobre vengono presentate le Mini Mk2 con calandra di forma trapezoidale, lunotto posteriore più largo e fanalini di coda più grandi.

1968
Cessa la produzione della Mini Moke (verranno poi attivate nuove linee di produzione in Australia presso la locale British Leyland).
Un nuovo tipo di cambio, finalmente con la prima marcia di tipo sincronizzato, viene adottato su tutta la gamma Mini.
Sulla scena rallystica cominciano a brillare nuove stelle, come le potenti Porsche 911, e al Rallye di Monte Carlo le Cooper non riescono ad andare oltre il terzo posto.

1969
Dai cofani delle Mini inglesi cominciano a scomparire i marchi Austin e Morris per lasciare il posto al nuovo marchio “Mini”: é l’inizio della serie Mk3 con porte a vetri discendenti.
Fanno la loro comparsa le nuove Mini Clubman e 1275 GT con frontale di forma più squadrata e nuova strumentazione spostata verso il lato guida.
Alec Issigonis viene nominato baronetto.

1971
L’inizio degli anni ‘70 è contraddistinto in Inghilterra da un’industria sfiancata dagli scioperi, un mercato inaridito e inasprito dalla politica governativa. È forse in un tale contesto che matura la decisione della British Leyland di concludere l’accordo con John Cooper (al quale veniva riconosciuta una royalty per ogni Mini Cooper venduta): cessa così la produzione delle gloriose Mini Cooper inglesi. In casa Innocenti invece il nome Cooper continua a fregiare le versioni sportive e viene presentata la nuova Mini Cooper 1300 dotata di una meccanica molto simile, almeno nelle prestazioni, a quella delle plurivittoriose sorelle inglesi.

1973
L’Innocenti viene rilevata dalla Leyland e scompare così dai cofani delle Mini italiane il classico logo formato da una “i” minuscola in campo ovale. La produzione italiana è ora composta da una serie di modelli nella nuova versione “export” appositamente modificati per poter essere messi in vendita anche sul mercato europeo, ad eccezione di quello inglese…

1974
Cominciano a fare la loro comparsa, sulla Mini 1275GT, le ruote da 12 pollici che consentono l’alloggiamento di freni a disco di maggiore efficienza. A richiesta é anche possibile ottenere i nuovi pneumatici di sicurezza Dunlop Denovo, in grado di “autoripararsi” in caso di forature.

1976
Viene generalizzato su tutta la produzione Mini un pacchetto di modifiche in grado di renderle più ergonomiche e confortevoli: nasce la generazione di modelli conosciuti come Mk4.In casa Innocenti cessa definitivamente la produzione delle classiche Mini per far posto ai nuovi modelli (Mini 90 e 120) con carrozzeria squadrata disegnata da Bertone.

1979
In occasione del ventesimo compleanno viene prodotta in serie limitata la Mini 1100 Special, dotata di una ricca serie di accessori.

1980
Viene presentata la Mini Metro. L’idea è quella di affiancare e, col tempo, di sostituire la Mini assumendone gli stessi connotati strutturali. La storia non le darà ragione…

1982
Nasce la Mini Mayfair. Avrà un discreto successo di vendite anche in Italia.

1984
Su tutte le Mini viene standardizzato il montaggio delle ruote da 12 pollici. Puntuale, a luglio, viene presentata la versione in serie limitata per celebrare i 25 anni di produzione: è la Mini 25.

1985
La Rover assume il controllo diretto delle vendite sul mercato giapponese: in breve il Giappone diventerà la piazza più importante per la vendita delle Mini.

1986
La produzione totale raggiunge quota 5 milioni di unità.

1988
Muore Sir Alec Issigonis all’età di 81 anni.

1989
Per il trentennale viene creata la Mini Thirty con i cerchi ruota che ricordano i classici Minilite delle Mini Cooper da corsa.

1990
La Rover strizza nuovamente l’occhio a John Cooper e nasce una nuova collaborazione che porterà al lancio di un nuovo modello nobilitato dal glorioso marchio Cooper. Le Rover Cooper avranno un motore monocarburatore (poi a iniezione) di 1275 cc che verrà presto esteso a tutta la gamma Mini. Le prestazioni
sono discrete ma i puristi continuano a rimpiangere le vecchie Mini Cooper che già da alcuni anni hanno fatto il loro ingresso nell’Olimpo delle vetture da collezione.
Comincia la produzione della fortunata serie denominata Mini British Open Classic con tettuccio apribile elettricamente.

1993
Una versione cabriolet non era mai stata ufficialmente prodotta dalla Casa madre.
Viene immessa sul mercato la Mini cabriolet prodotta con l’intervento della famosa carrozzeria tedesca Karmann. Ne verranno costruiti solo 414 esemplari.

1994
Per il 35° compleanno viene presentata la Mini Classic 35, una serie speciale (solo 400 esemplari destinati all’Italia) con motore, tetto apribile, ruote in lega e cruscotto in radica presi dalla Classic e dalla Cabrio. Di nuovo c’è la verniciatura in grigio antracite metallizzato con fregi dorati e rivestimenti interni in color magnolia. Un collage di parti prese dagli altri modelli che però entusiama gli appassionati, sicuri di trovarsi di fronte a una Bentley in miniatura.

1996
Con la Mini Cooper 1.3i viene introdotta una importante serie di modifiche: il radiatore viene spostato in posizione frontale, fa la sua prima comparsa l’air bag lato guida e, come optional, possono essere montate ruote da 13 pollici con larghi parafanghetti supplementari.

1998
Nasce dalla matita del famoso stilista inglese Paul Smith una delle versioni a tiratura limitata più riuscite degli ultimi decenni. Viene prodotta solo con guida a destra, in soli 300 esemplari.

1999
La Rover annuncia che la produzione verrà cessata nel corso del 2000 con un totale di modelli costruiti prossimo a 5.400.000, cifra che fa della Mini la vettura inglese prodotta nel maggior numero di esemplari.

2000
Il 5 ottobre la Mini va ufficialmente in pensione. Non prima però di aver lasciato nelle sale dei concessionari due ultime versioni, la Knightsbridge e la Cooper Sport Pack, due piccole serie speciali con nuovi allestimenti interni, rivestimenti in pelle e nuove sospensioni. Da questo momento la vettura n° 5.387.862, l’ultima uscita dallo storico stabilimento di Longbridge, nei pressi di Birmingham, affiancherà la prima Mini nelle sale dell’Heritage Motor Centre, nella contea del Warwickshire.
Pochi giorni prima, al Mondial de l’Automobile di Parigi, ha fatto il suo debutto in pubblico la nuova Mini. È l’inizio di una nuova epoca.